Lo scrittore partenopeo Marcello Scarienzo ha presentato a StoryTime, su Radio Canale Italia, il suo romanzo di debutto, “Il quarto d’ora di Amedeo”
Edito da Kimerik, e disponibile dallo scorso 3 giugno 2025, “Il quarto d’ora di Amedeo” è il romanzo che segna il debutto dello scrittore partenopeo Marcello Scarienzo.
Alternando momenti divertenti ad altri di profonda introspezione, il romanzo racconta il senso di precarietà di un’intera generazione, travolta da cambiamenti epocali che trovano il loro acme nella pandemia da Covid-19 del 2020.
«L’ispirazione», ha raccontato Scarienzo ospite lo scorso lunedì 23 giugno 2025 a StoryTime, sulle frequenze di Radio Canale Italia, «mi è venuta una sera dell’anno scorso, che ero a casa con uno dei miei migliori amici. Stavamo lamentandoci delle nostre reciproche insoddisfazioni, quando a un certo punto lui, che conosce la mia passione per la scrittura, mi dice: “Ma perché tutto questo malessere non lo vomiti su un foglio?” Mi sono come illuminato. La scintilla è scattata lì”.
Dopo un lungo periodo trascorso a Milano, Marcello Scarienzo ha deciso di tornare nella sua Napoli. Ma non è, questo, l’unico tratto esistenziale che condivide con il suo alter-ego letterario Amedeo Pacella: «Di me in lui c’è molto; innanzitutto l’amore per la famiglia, il grande valore che entrambi diamo all’amicizia, nonché una certa tendenza alle crisi esistenziali (sorride, ndr.)».
Il rapporto di osmosi tra il cinema e la letteratura è, ce ne accorgiamo di stagione in stagione, sempre più stretto. Se anche “Il quarto d’ora di Amedeo”, un giorno diventasse un film, chi sarebbe il protagonista? «Ci sono due attori che vedrei bene nel ruolo di Amedeo», punta Scarienzo, «Cristiano Caccamo, perché lo ricorda molto anche esteticamente, ed Eduardo Scarpetta, per quel senso partenopeo che ha, e che mi piace molto».
A proposito di senso e appartenenza, Scarienzo immagina che Amedeo, “essendo come me un uomo d’amore”, abbia festeggiato il recente quarto scudetto del Napoli insieme alle persone a cui vuole bene. Perché, lo dice citando Luciano De Crescenzo, «Napoli è una città particolare, il calcio non è solo calcio, qui è qualcosa di mistico. E chiedere a qualcuno di vedere insieme la partita decisiva è come dirgli ti voglio bene.»