Coltiva il mito di Elizabeth Taylor, la diva dagli occhi viola. E proprio gli occhi, di un azzurro viscerale, hanno già fatto la sua fortuna al cinema: intervista a Sara Ciocca
Ha compiuto 16 anni solo da qualche giorno ma è già da tempo una delle attrici più promettenti del nuovo cinema italiano. Sara Ciocca, sguardo azzurro che sviscera la cinepresa (imperdibile, in questo senso, la sua performance in “America Latina” dei Fratelli d’Innocenzo), si muove sinuosa tra le molteplici diramazioni della settima arte, dal grande al piccolo schermo (è Lucia nella serie di Raiuno “Blanca” in cui recita al fianco di Maria Chiara Giannetta) passando per il doppiaggio che, dice, è una grande scuola per reimparare ad ascoltare l’altro.
Una vita vorticosa. E il tempo per te stessa quando, e dove, lo ritrovi?
Nella musica che per me è terapeutica, una cura. Quando ho bisogno di riflettere, di ritrovare sorta di pace interiore ascolto Chopin, Debussi, Scott Joplin e il ragtime, che è uno dei generi musicali che preferisco. Ed ecco che ritorno a sentirmi viva: mi succede lo stesso anche con la danza che, nel mio lavoro di attrice, mi è molto d’aiuto in termini di movimento scenico, cioè nel saper gestire il mio corpo, la mia presenza davanti ad una cinepresa.
Siani, Ozpetek… Tanti registi importanti del nostro cinema ti hanno diretta. Come nasce la passione per il grande schermo?
Credo sia nato tutto verso i quattro anni, quando scrivevo delle letterine di Natale per i miei nonni e sentivo come l’esigenza, anche con un pizzico di vanità lo ammetto, di declamarle davanti a tutti. Ecco, la mia passione per il cinema è intimamente legata a quella per la scrittura e la poesia, che ancora oggi coltivo. La vera folgorazione l’ho avuta vedendo per la prima volta “Forrest Gump”, con la magnifica ed unica interpretazione di Tom Hanks: lì ho capito che il cinema è una grande fabbrica, che tante persone lavorano, come le membra di un unico corpo, per portare davanti agli occhi dello spettatore la meraviglia della settima arte.
Un mito a cui ti ispiri?
Ho sempre “rubato” molto al cinema muto, quindi Charlie Chaplin. Ma colei che per me è stata e continua ancora oggi ad essere un’icona è Elizabeth Taylor. L’ho vista per la prima volta in “Piccole Donne” e ne sono rimasta affascinata, una stella splendente.
I più piccoli ti ricorderanno come la voce di Anna bambina in “Frozen – Il Segreto di Arendelle”…
Sì, quello è stato uno dei primi ruoli che ho doppiato. Il doppiaggio, rispetto al resto, è arrivato un po’ più tardi nella mia vita artistica, ma anche lì mi si è aperto un mondo. A livello tecnico è un gran lavoro perché sono molti gli elementi in gioco da tenere presenti: il sync, il tempo, calibrare la voce e i suoi colori, le minuzie. E poi soprattutto è importante l’imitazione, quindi l’ascolto.
Il cinema, a più livelli, è dunque un lavoro che non si può fare da soli.
Assolutamente. Ed io sarò sempre infinitamente grata a tutti i miei maestri, da Fiamma Izzo a Marco Tullio Giordana, per essersi presi cura di me e per aver sempre creduto in me. Mi auguro davvero che questo mio percorso possa durare per un lungo, lungo futuro.