Sanremo 2026 sembra iniziare sempre così: con qualcuno che canta ancora una volta di sé, ma meglio di prima.
Sanremo 2026 sembra una serie corale: stessi titoli di testa, protagonisti diversi, e ognuno entra in scena con la propria frase manifesto.

Raf apre tutto con “Ora e per sempre”, come chi non ha bisogno di inseguire il tempo: lo attraversa. Patty Pravo risponde semplicemente con “Opera”, perché dopo una certa carriera non c’è più distinzione tra artista e arte.
Nel capitolo nuove consapevolezze, Tommaso Paradiso canta “I romantici”, ricordandoci che esserlo oggi è quasi un atto politico. Fulminacci inciampa con stile in “Stupida sfortuna”, trasformando il caos quotidiano in racconto generazionale.
Arisa, con “Magica favola”, continua il suo dialogo intimo con le emozioni, mentre Malika Ayane esplora l’ombra elegante di “Animali notturni”, dimostrando che la profondità non ha bisogno di alzare la voce.
C’è chi si perde e chi si cerca: Luchè entra nel “Labirinto”, Mara Sattei apre il cassetto de “Le cose che non sai di me”, ed Enrico Nigiotti ammette che “Ogni volta che non so volare” è proprio lì che nasce la poesia.
I più giovani non chiedono permesso: Tredici Pietro cade e si rialza come “Uomo che cade”, Sayf va dritto al punto con “Tu mi piaci tanto”, mentre LDA e Aka7even scrivono “Poesie clandestine” come messaggi lasciati sotto banco.
Poi arriva l’ironia che osserva il mondo: J-Ax prepara l’”Italia Starter Pack”, Dargen D’Amico lancia “AI AI” come se fosse una domanda più che un ritornello. Elettra Lamborghini dice “Voilá” e trasforma l’istante in spettacolo. Bum bum.
Nella notte emotiva del Festival, Fedez e Marco Masini affrontano il “Male necessario”, Ermal Meta racconta “Stella stellina” con la delicatezza di chi sa parlare anche ai silenzi, mentre Levante punta dritto all’essenziale con “Sei tu”.
C’è spazio anche per le promessa: Leo Gassmann sceglie “Naturale”, Sal Da Vinci dice “Per sempre sì”, Maria Antonietta e Colombre semplificano tutto in “La felicità e basta”.
E quando Michele Bravi annuncia “Prima o poi”, sembra ricordarci che ogni percorso artistico è fatto di tempo, attesa e coraggio.
E poi ci sono quelli che non cantano per spiegarsi, ma per resistere. Ditonellapiaga arriva con “Che fastidio”, una dichiarazione nervosa, quasi fisica: il pop che graffia quando l’emotività non sta più composta. Le Bambole di Pezza urlano “Resta con me” come se fosse una richiesta semplice, ma necessaria, rumorosa.
Chiello non cambia registro: con “Ti penso sempre” trasforma l’ossessione in confessione, mentre Eddie Brock porta “Avvoltoi” come un cielo basso sopra le macerie, che atmosfera. Nayt sceglie “Prima che”, fermando il tempo un secondo prima che sia troppo tardi; Samurai Jay con “Ossessione” mette in scena il lato più viscerale del desiderio, quello che non chiede assoluzioni.
Infine, Francesco Renga torna con “Il meglio di me”, non come bilancio, ma come promessa: dimostrando che la maturità artistica non è nostalgia, è presenza.
#PerchéSanremoèSanremo: stesse luci, nuove verità.



