Nell’era in cui i social network scandiscono tempi, ritmi e percezioni della nostra quotidianità, anche il mondo del fitness vive una trasformazione radicale. Personal trainer digitali, percorsi “online”, programmi rapidi e identità costruite a colpi di reel popolano le piattaforme, generando entusiasmo ma anche confusione. In questo scenario, c’è chi rivendica l’importanza dell’esperienza reale, della relazione umana e della competenza maturata sul campo come Tommaso Caccialupi, una vera celebrità per gli sportivi all’Isola D’Elba. In questa intervista ripercorriamo assieme a lui la visione e il percorso di un trainer che ha scelto di costruire tutto partendo dalle persone, prima ancora che dai numeri.
Viviamo in un’epoca in cui i social spesso sostituiscono la vita reale. Come giudichi questo proliferare di PT online?
I social sono un ottimo strumento, ma non dovrebbero mai sostituire l’esperienza sul campo. Oggi chiunque può improvvisarsi personal trainer online, ma allenare non è scrivere una scheda o mostrare un esercizio in un video. Allenare significa capire la persona che hai davanti, leggere il suo corpo e le sue emozioni, adattare il percorso in base alle sensazioni e non solo ai numeri. La mia formazione nasce da anni di agonismo, pratica e lavoro diretto: esperienze vissute, errori, risultati, osservazione quotidiana. È questa la vera differenza: la capacità di sentire chi si allena con te. Un algoritmo questo non potrà mai farlo.
Come si riconosce un vero professionista da chi, online, si limita a improvvisare?
Questo non è un mestiere che si può svolgere esclusivamente online. Anch’io ho iniziato arrotondando, ma continuando a formarmi con l’obiettivo di farne la mia professione principale. Oggi basta un bel fisico e qualche video per sembrare esperti, ma la competenza è tutt’altra cosa. Un professionista osserva, valuta, adatta. Chiede informazioni, segue i progressi, costruisce un percorso personalizzato. Chi vende pacchetti preconfezionati non sta facendo coaching: sta facendo marketing. I risultati reali e la capacità di interagire con le persone valgono più di qualsiasi immagine patinata.
Nella tua carriera ci sono stati momenti di gloria, ma anche ostacoli. Quali sono stati i più difficili?»
Ce ne sono stati diversi. Sono stato escluso da una palestra in cui avevo lavorato per anni e mi sono ritrovato sotto una tettoia a continuare a fare il mio mestiere. Ho chiesto a mio padre di ipotecare la casa per aprire la mia palestra. Non è stato semplice. Ho superato quei periodi grazie alle persone che hanno creduto in me: clienti, amici, colleghi. L’ambiente lo fanno le persone, non le mura. Credere in me stesso e avere una squadra accanto è stato ciò che mi ha tenuto in piedi.

Essere un bel ragazzo ti ha mai oscurato le competenze?
L’aspetto fisico può aiutare, soprattutto in un settore dove l’immagine conta. L’importante è non montarsi la testa e non pensare che basti quello. Il fisico attira, certo, ma poi devi dimostrare di avere metodo, professionalità e rispetto per chi si affida a te. Con umiltà, può diventare uno strumento: mai un limite.
Anni fa hai posato nudo per un calendario. Una scelta particolare: oggi la rifaresti?
Sì, la rifarei. Ho bellissimi ricordi di quel periodo: facevo animazione nei locali, mi sono divertito molto. Avevo 26 anni e ogni età ha il suo tempo. Ho sempre agito con la testa sulle spalle, senza mai finire in situazioni rischiose. In quegli anni ho conosciuto tantissime persone e molte le sento ancora oggi. Per me, che vengo da una piccola isola, quel periodo lontano da casa mi ha fatto crescere.
Come nasce Skill Power, la tua palestra?
L’idea era con me da anni. Prima ho costruito una squadra che ancora oggi riunisce atleti e clienti da tutta Italia, persone che vengono fino a Pisa o sull’Isola d’Elba per seguire il coaching dal vivo. Poi è iniziata la ricerca del locale giusto. Nell’estate 2022 è arrivata la chiamata che ha sbloccato tutto: ho trovato il fondo ideale. Devo ringraziare comunque Tiziano Nocentini, che volle fortemente l’apertura della mia palestra, e mi sostenne parecchio in questa scelta, quando ancora non era Sindaco di Portoferraio. Io accettai subito la sua proposta e anche grazie alle sue capacità imprenditoriali, nacque la Skill Power.

Hai portato tanti atleti al successo. C’è un podio che manca nella tua carriera personale?
Nel natural bodybuilding ho vinto praticamente tutto con i miei atleti, in varie federazioni. Quello che mi manca è un titolo personale. Dopo il quarto posto agli Italiani del 2016 mi infortunai alla spalla e compromisi la stagione successiva. Poi sono arrivate le responsabilità e ho messo da parte me stesso. Chissà, forse un giorno tornerò in gara.
Negli anni ’80 la palestra era di nicchia, oggi è una necessità quotidiana. Cosa è cambiato?
Negli anni ’80 la palestra era fatta di ghisa, panca e bilancieri: un ambiente rude, quasi “da iniziati”. Oggi il fitness è vario, accessibile, divertente: corsi, macchinari moderni, allenamento funzionale, crossfit, istruttori pronti a seguire chiunque. È cambiata anche la medicina: se prima il nuoto era la soluzione universale, oggi il training con sovraccarichi è centrale sia nella prevenzione sia nella riabilitazione. La palestra è diventata la base per ogni sport e per il benessere generale.



