Con rispetto e speranza mi rivolgo alle istituzioni italiane affinché ascoltino il dolore e la richiesta di aiuto per una condizione medica grave che merita urgenza, sensibilità e umanità
Un atto di fiducia verso chi può fare la differenza
Con un sentimento profondo di fiducia nelle istituzioni della nostra Repubblica, desidero rivolgermi al Ministro della Salute, On. Orazio Schillaci, per raccontare con chiarezza e rispetto la complessa situazione che riguarda mio fratello Massimo Nicolosi, nato a Roma il 15 novembre 1959. Mio fratello affronta da molti anni un idrocefalo cronico di tipo LOVA, una condizione rara e delicata che negli ultimi tempi ha subito un grave peggioramento, mettendo in pericolo la sua salute e la sua stessa vita.

Nel corso degli anni Massimo ha intrapreso diversi percorsi terapeutici e numerosi interventi chirurgici. L’ultimo, realizzato il 6 giugno 2025, ha purtroppo comportato complicazioni significative. In seguito a quell’operazione, ha sviluppato una encefalite post-infettiva, che ha reso necessario rimuovere il sistema di derivazione ventricolo-peritoneale. Nonostante diversi accertamenti radiologici abbiano dato esiti negativi, il suo stato clinico continua a peggiorare: oggi vive in un coma vigile, una condizione che ci lascia sospesi tra la speranza e la paura.
Le valutazioni mediche e la necessità di un intervento urgente
Nel referto redatto dal dott. Antonio Scollato, esperto in neurochirurgia, datato 4 agosto 2025, viene riportato un quadro clinico molto serio, caratterizzato da rallentamento ideomotorio, perdita di coscienza e spasticità diffusa, con l’osservazione di «un possibile malfunzionamento del sistema impiantato».
Il dott. Scollato ha inoltre suggerito «di eseguire con la massima rapidità un test di sottrazione liquorale spinale prolungata, con analisi chimico-fisica e colturale del liquor, e di considerare una riprogrammazione o una sostituzione del sistema impiantato». Queste parole sottolineano la necessità di agire subito, con competenza e attenzione, per evitare ulteriori danni neurologici e garantire a mio fratello una concreta possibilità di recupero.
Una diagnosi incerta e la ricerca di verità medica

Nonostante le numerose analisi e valutazioni, dal Policlinico Gemelli non abbiamo ancora ricevuto una diagnosi definitiva. Gli specialisti sospettano una encefalite autoimmune, mentre il dott. Scollato propone invece l’ipotesi di un idrocefalo secondario dovuto a shunt-dipendenza. Questa differenza di interpretazione clinica rende necessario un confronto immediato tra i professionisti coinvolti, per chiarire la natura reale della patologia e individuare il trattamento più appropriato.
Un appello al cuore delle istituzioni e della medicina
A nome della mia famiglia, rivolgo un accorato appello al Ministro Schillaci, chiedendo che il caso di Massimo Nicolosi venga affrontato con priorità assoluta e con uno spirito di umanità. È fondamentale garantire la continuità delle cure, promuovere verifiche mediche approfondite e sostenere una maggiore attenzione verso le persone che convivono con malattie neurologiche croniche, troppo spesso ignorate nel complesso sistema sanitario.
Questo scritto rappresenta non solo un grido di dolore, ma anche un segno di fiducia e speranza: che la scienza, la solidarietà e la sanità pubblica continuino a essere, in Italia, un punto di riferimento per chi affronta la sofferenza con coraggio.
Ripongo piena fiducia nella competenza, nella sensibilità e nel senso di giustizia del Ministro Orazio Schillaci e nelle istituzioni sanitarie del nostro Paese, affinché a Massimo — e a tutti coloro che vivono situazioni simili — venga restituita la possibilità concreta di cura, ascolto e dignità, valori che rappresentano l’essenza stessa della civiltà e dell’amore verso la vita.
Carla Nicolosi
A cura di Mario Altomura
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