Il caso di Garlasco è a un punto di svolta. Dopo 18 anni da quel tragico omicidio, in cui Chiara Poggi venne trovata senza vita nella sua villetta dove abitata assieme alla sua famiglia, e dopo che Alberto Stasi, l’allora fidanzato della vittima fu riconosciuto come l’unico colpevole venne condannato a 16 anni di carcere, sputano fuori altre verità. Ci sarebbero coinvolti Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, e le cugine, le gemelle Cappa. Abbiamo chiesto alla dottoressa Sara Sotira, psicologa e psicosseuologa esperta di psicoterapia cognitivo comportamentale, di tracciare un profilo delle persone coinvolte nel caso.
Dal punto di vista psicologico, quali dinamiche possono emergere all’interno di un gruppo ristretto di amici o conoscenti coinvolti in un evento drammatico come un omicidio?
In un gruppo ristretto colpito da un omicidio, si possono innescare dinamiche complesse come lo shock emotivo e la necessità di attribuire colpe. Il trauma può portare a una diffidenza reciproca, con alcune persone che si isolano, mentre altre cercano di ristabilire una coesione per affrontare insieme la tragedia. Spesso, si cerca qualcuno su cui riversare la colpa, specialmente se il colpevole è un membro del gruppo. Inoltre, si possono sviluppare meccanismi di rimozione degli eventi per proteggere il proprio equilibrio psicologico. Queste reazioni sono spesso difensive, in quanto la mente tende a proteggersi dal dolore e dall’incertezza, cercando di ripristinare un senso di normalità il prima possibile.
In base alle informazioni disponibili, è possibile ipotizzare un profilo psicologico di Andrea Sempio? Cosa si può dedurre dal suo comportamento successivo ai fatti?
Nel caso di Andrea Sempio, le informazioni disponibili pubblicamente riguardano solo le sue dichiarazioni e comportamenti esterni in relazione al caso, ma non permettono una vera e propria valutazione psicologica professionale. Senza una conoscenza approfondita della sua storia personale, delle sue emozioni più intime o delle sue reazioni in contesti privati, non è possibile fare un profilo psicologico completo e preciso.
Dopo la riapertura del caso, come riportato dal suo legale, Andrea Sempio è stato descritto come “allibito e sconvolto” dalla situazione, evidenziando il suo disorientamento e la sorpresa per lo sviluppo delle indagini. Se fosse effettivamente coinvolto nel delitto, il suo comportamento difensivo potrebbe riflettere una strategia di auto protezione, tipica di chi, accusato di un crimine grave, cerca di negare il proprio coinvolgimento per evitare le conseguenze. La negazione potrebbe anche essere un meccanismo psicologico per proteggersi dal senso di colpa e dal trauma legato all’omicidio.

Quale ruolo possono aver avuto le cugine Cappa nel contesto relazionale e sociale di Garlasco in quegli anni? Possono aver influenzato in qualche modo la narrazione dei fatti?
Le cugine Cappa hanno occupato un ruolo particolare nel contesto relazionale e sociale di Garlasco. Anche se inizialmente non avevano un rapporto stretto con Chiara, nei mesi precedenti all’omicidio (soprattutto Stefania), si erano riavvicinate a lei, frequentandola e entrando nella sua sfera personale. Dopo il delitto la loro presenza pubblica e alcuni comportamenti ambigui, come il gesto di lasciare un mazzo di fiori accompagnato da una foto che poi si rivelò un fotomontaggio, hanno attirato l’attenzione dei media e della comunità. Questa ha contribuito a influenzare la narrazione pubblica del caso, alimentando tensioni e sospetti.
Come può influire sulla memoria e sulla dichiarazione dei testimoni la pressione mediatica e giudiziaria prolungata nel tempo?
La pressione mediatica e giudiziaria prolungata può avere un impatto profondo sulla memoria dei testimoni. Con il passare del tempo l’esposizione continua a notizie, ipotesi e ricostruzioni può alterare il ricordo originario dei fatti, portando anche alla formazione di falsi ricordi. Inoltre, il carico emotivo legato allo stress degli interrogatori o all’attenzione mediatica può compromettere la lucidità del ricordo e spingere la persona a semplificare, adattare o rimuovere parti della propria testimonianza. La volontà di compiacere gli inquirenti, l’opinione pubblica o la comunità può condurre a dichiarazioni influenzate più dal contesto che dall’esperienza reale.
Cosa ci dice la psicologia sul comportamento delle persone che mantengono il silenzio per molti anni, pur essendo potenzialmente a conoscenza di dettagli rilevanti?
La psicologia ci insegna che il silenzio prolungato di chi potrebbe essere a conoscenza di informazioni rilevanti, può avere diverse spiegazioni spesso legate a meccanismi di difesa, paure e dinamiche relazionali complesse. Chi è testimone di un evento traumatico può inconsciamente allontanare dalla coscienza certi ricordi, anche per anni, per non affrontare l’angoscia associata. Il silenzio può anche essere legato a un senso di lealtà verso qualcuno, o al timore di essere coinvolti in dinamiche più grandi di sé. Spesso, mantenere il silenzio può diventare un modo per preservare l’equilibrio sociale e evitare l’esclusione.
È possibile che esista una forma di “copertura psicologica” reciproca tra persone molto legate, come può accadere tra amici o parenti coinvolti indirettamente in casi di cronaca?
Si, è possibile, e può nascere tra persone molto legate, come amici o familiari, quando sono coinvolte (anche indirettamente) in eventi gravi. Può trattarsi di un meccanismo inconscio, una difesa emotiva automatica, attivata dal bisogno di proteggere sé stesso o l’altro da un dolore troppo grande, o dal timore di rompere un legame affettivo. La copertura può anche essere consapevole, frutto di una scelta precisa, ovvero si tace o si altera la verità per proteggere qualcuno evitando uno scandalo. Spesso però le due dimensioni si intrecciano: un silenzio nato spontaneamente, come reazione emotiva, può diventare nel tempo una strategia consapevole per mantenere l’equilibrio.
Nel caso di Andrea Sempio, quanto conta il legame emotivo con Chiara Poggi per comprendere il suo eventuale coinvolgimento o la sua posizione nella vicenda?
Nel caso di Andrea Sempio il legame emotivo con Chiara è un elemento importante per comprendere la sua posizione nella vicenda, a prescindere da un eventuale coinvolgimento diretto. In un eventuale ipotesi, un legame affettivo non esclude la possibilità di un gesto impulsivo o conflittuale, come accade in alcuni casi di violenza relazionale. La qualità del rapporto può offrire spunti di riflessione sulle dinamiche sottostanti.
Quali segnali comportamentali dovrebbero essere analizzati per comprendere se un soggetto sta nascondendo informazioni importanti, anche inconsciamente?
Per capire se una persona sta nascondendo informazioni bisogna osservare attentamente alcuni segnali comportamentali. Se un soggetto sembra contraddirsi nelle dichiarazioni o evita dettagli specifici, potrebbe essere un tentativo di omettere qualcosa senza rendersene conto. Comportamenti come nervosismo (ad esempio, evitare il contatto fisico o fare movimenti nervosi) e ritardi nelle risposte sono segnali di ansia e difficoltà nel mantenere la coerenza nelle parole. Al contrario, chi tenta di nascondere la verità, potrebbe fornire troppe informazioni per sembrare più credibile. Anche un contrasto tra le emozioni dichiarate può essere significativo: se le parole non corrispondono al linguaggio del corpo potrebbe esserci una dissonanza tra ciò che la persona vuole comunicare e ciò che realmente sente.

Come la presenza di legami affettivi o di gruppo può influenzare la costruzione o la manipolazione della verità nei racconti dei protagonisti indiretti?
La presenza di legami affettivi o di gruppo può influenzare profondamente il modo in cui i protagonisti indiretti costruiscono o raccontano la verità. Quando c’è un forte coinvolgimento emotivo le persone tendono, a proteggere chi amano o a preservare l’equilibrio relazionale. Questo può portare a omettere dettagli, modificare ricordi o aderire a versioni dei fatti condivise dal gruppo. In alcuni casi il bisogno di lealtà e appartenenza può essere più forte della spinta alla verità. All’interno di dinamiche affettive strette o di gruppi molto coesi, si possono generare narrazioni collettive, costruite per proteggere il legame affettivo.
In che modo la recente riapertura del caso può influenzare oggi il comportamento, le dichiarazioni e il vissuto psicologico di Andrea Sempio e delle cugine Cappa?
La riapertura del caso può avere un impatto significativo sul comportamento e sul vissuto psicologico sia di Andrea Sempio e sia delle cugine Cappa. Il ritorno sotto ai riflettori può riattivare stress, ansia e un senso di esposizione pubblica, spingendoli a mantenere un atteggiamento difensivo. La reazione di Sempio, definita “allibita e sconvolta” riflette un possibile disorientamento emotivo, ma anche il tentativo di voler proteggere la propria immagine. Per le cugine Cappa che hanno avuto un ruolo visibile nel contesto relazionale dell’epoca, la riapertura del caso potrebbe sollecitare una maggiore attenzione su ciò che hanno detto o fatto nel tempo. Il legame con la famiglia Poggi e la loro posizione sociale nel paese possono influenzare il modo in cui oggi gestiscono le proprie dichiarazioni, tra esigenze di chiarezza, coerenza e tutela dei propri rapporti personali.